L’apparizione delle forme monopolistiche nell’utilizzo dell’energia, Dr Lorenc Gordani

Durante tutto il periodo 1880-1900, non esisteva un “sistema elettrico” essendo gli impianti di generazione elettrica costruiti limitatamente per servire i singoli applicazioni costituendo di fatto un sistema decentralizzato. Situazione che sostanzialmente non cambio di molto neanche con l’estensione delle vendite dell’energia elettrica alle utenze diversificate come a New York nel 1882 per opera di Pearl Street ed a Milano nel 1883 per l’opera della società Edison.

Nelle primordiali forme dell’organizzazione i primi centrali elettriche d’Europa (Milano 1883) erano destinate essenzialmente all’illuminazione pubblica e privata. Invece “l’affermazione” dell’elettricità come servizio pubblico territoriale, avviene con il passaggio della predominanza dalle prime due tipologie d’utenza (illuminazione e trasporto urbano) a quello di sostegno del forte fabbisogno (in crescita) dell’industria.

Riguardo l’apparizione delle forme monopolistiche bisogna dividere – per motivi espositivi in due periodi – l’arco temporale fino al fine del secondo conflitto mondiale. Riferendosi all’Italia troviamo che per motivi legati con la disponibilità delle risorse idriche e dipendenza dall’estero per il carbone (e poi il petrolio) si verifica la c.d. l’apparizione del sistema integrato territoriale. Infatti, l’Italia si differenzio dalla maggior parte degli altri Paesi con la scelta a favore dell’utilizzo della fonte idrica battezzato come il carbone bianco.

In tale modo la scelta dei siti dove localizzare gli impianti di generazione divenne in larga misura determinata dalla disponibilità delle risorse idriche sfruttabili sia tecnicamente che economicamente. A riguardo già nel 1887 la produzione idroelettrica forniva 200.000 kWh, per superare in soli dieci anni quella termica con 44 milioni di kWh, pari al 59% della produzione complessiva. Fonte che conserverà il suo primato a lungo, praticamente fino al 1946, quando per la prima volta scese sotto il 50%.

La richiesta crescente fu contemplato in modo innovato con la costruzione di serbatoi artificiali: già al 1906 l’Azienda Elettrica Municipale di Milano, acquistò una concessione in Valtellina per costruirvi una centrale di 13,5 MW. Specificità che porto che l’industria elettrica italiana conquistasse anche posizioni di primato nella trasmissione: per es. per la trasmissione verso Milano dell’energia prodotta dalla centrale di Paderno della Edison (1898), fu realizzata una linea record per l’epoca a 13.500 V, lunga 13 chilometri, e per quello concorrente del centrale del Valtellina una linea a 65,000 V lunga 150 km.

Come sempre accade i periodi di regime libero – come quello della nascita e del primo sviluppo della industria elettrica – promuovono il prevalere del ruolo dei privati. L’affermazione del sistema elettrico riguardo soprattutto l’industria e poi il trasporto sviluppato, in regime di libera iniziativa, lascio ben presto il posto alla creazione di situazione di forte oligopolio portando anche al lanciarsi per prima dell’idee sulle nazionalizzazioni. Comunque a causa di mancanza delle distorsioni forte o anche “inesistenza” di mercato, il fenomeno ancora non attraeva l’attenzione necessaria di un intervento.

In seguito, l’aumento delle risorse capitali impegnate nel termoelettrico e l’idroelettrico, ha fatto sentire almeno la necessita a identificare e concordare forme di coordinamento fra i vari produttori. Questo, e allo stesso tempo la scarsa propensione delle imprese elettriche a fornire l’utenza privata, a causa della ridotto necessita di quest’ultime al consumo (utilizzabile sostanzialmente per illuminazione), cosi come gli aspetti particolari di produzione del gas portarono al primo intervento normativo della legge 29 marzo 1903, n. 103 (c.d. legge Giolitti) istitutiva delle aziende municipalizzate e l’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni.

Nel periodo pioneristico è possibile riscontrare analogie tra i vari Paesi: per esempio a Francia, dove per sfruttarne il potenziale idrico delle Alpi verso la fine del XIX secolo nacquero le prime imprese, per fornire l’energia elettrica prodotta, alle grandi città. Il seguito, non appena l’industria fu in grado di produrre turbine a vapore, grazie alla disponibilità di carbone, prese il via la realizzazione dei impianti termici. Inizialmente, essi si svilupparono nella Francia settentrionale per sfruttare la vicinanza alle miniere, ma in seguito anche altrove. Dopo, il primo conflitto mondiale incomincio a definirsi anche in Francia un assetto organizzativo basato su aziende di dimensioni regionali, che nel 1936 diedero vita ad una rete nazionale interconnessa.

Negli altri principali Paesi industrializzati lo sviluppo elettrico si bassò invece fin dall’inizio in modo quasi omogenee sul carbone. In seguito, la crescita sostenuta della domanda porto al rafforzarsi della concentrazione, e di conseguenza in parallelo sviluppo delle reti adeguate a livello nazionale, che nei via dei fatti in America ma anche in Europa assunse dimensioni significative sia per la trasmissione a distanza sia per la distribuzione.

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